Metanodotto Snam: prima audizione in Parlamento. Ritorno a casa con ottimismo
Presenti in aula i parlamentari Tortoli (in qualità di presidente), Stradella, Mariani, Verini, Lolli, Vannucci e Realacci.
La richiesta è sempre la stessa: la convocazione di un tavolo tecnico, in accordo con le amministrazioni interessate, per modificare il percorso del gasdotto sulla dorsale appenninica che provocherebbe alti costi ambientali, elevato pericolo per la sicurezza dei cittadini dovuto al rischio sismico e danni per il turismo.
E’ risaputo, infatti, che il tratto in cui dovrebbe sorgere (dorsale appenninica) è a rischio ambientale, idrogeologico e simico.
«Contro ogni logica», hanno denunciato i rappresentanti, «è la decisione di collocare una infrastruttura così impattante e pericolosa (metanodotto e centrale di compressione) proprio lungo le aree più altamente sismiche della penisola, in parallelo o intersecando tutte le principali faglie attive dell’Appennino centrale».
Dopo aver elencato gli aspetti negativi dell’opera, i rappresentanti hanno avanzato la loro proposta: l’approvazione della mozione 7-00518 (tra l’altro già nota alla Commissione che aveva esaminato il testo presentato lo scorso 15 marzo 2011 dall’onorevole Raffaella Mariani).
Anche se per l’ennesima volta sono tornati a casa a mani vuote ma con un sacco pieno di promesse e buoni propositi dei parlamentari, i rappresentanti locali si dicono fiduciosi ed esprimono un giudizio positivo sull’iniziativa all’ottava commissione.
«Il livello di attenzione registrato e alcuni interventi dei parlamentari presenti testimoniano della fondatezza delle motivazioni e dell’ impegno addotto da cittadini ed istituzioni nel corso dell’audizione», hanno detto.
Ma saranno sufficienti le manifestazioni di interesse da parte dei parlamentari per garantire la soluzione del problema?
Il progetto e gli aspetti poco chiari. 687 chilometri di metanodotto lungo un unico tracciato che va da Massafra (provincia di Taranto) fino a Minerbio, (provincia di Bologna), attraversando dieci regioni, tre parchi nazionali, uno regionale ed oltre venti siti di rilevanza comunitaria.
Era questo nel marzo 2004 il progetto del metanodotto «Rete Adriatica».
L'opera che si inseriva nell’ottica di rafforzamento del ruolo della dell'Eni, come rivenditore di gas a Paesi terzi del centro Europa, mirava agli approvviggionamenti di gas dal Caucaso, dal Mar Caspio e in genere dal Medio Oriente con i gasdotti ITGI o Poseidon (Interconnessione Turchia- Grecia-Italia) dell'Edison, con il TAP (trans adriatic pipeline) della Svizzera Elg e con il South Stream della joint venture Eni-Gazprom.
Cinque i lotti previsti: il metanodotto Massafra-Biccari, il metanodotto Biccari-Campochiaro, il metanodotto Sulmona-Foligno, il metanodotto Foligno-Sestino e il metanodotto Sestino-Minerbio.
Ma la domanda è: per un progetto così esteso e di ampia portata era tutto regolare dal punto di vista ambientale? Secondo le Snam Rete Gas Spa sì. Ma ci sono due norme comunitarie la direttiva n. 85/337/CEE e n. 97/11/CE e il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 che fanno largo a dubbi.
La prima prevede, nel caso di opere di così alto impatto ambientale, l'obbligo di una valutazione di impatto ambientale (Via) di tipo complessivo e la seconda dice che è necessario, prima di procedere a queste opere, attuare una valutazione ambientale strategica (Vas).
Ora, sembrerebbe che la Snam Rete Gas Spa abbia presentato cinque Via parziali anziché un unico procedimento di valutazione di impatto ambientale Vas come previsto dalla legge in questi casi.
Perché? Inoltre, in data 7 ottobre 2010 la commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha espresso parere favorevole riguardo alla compatibilità ambientale di un solo troncone progettuale, il tratto di metanodotto Sulmona-Foligno e la centrale di compressione di Sulmona.
Nello stesso parere però, la commissione aveva rilevato l’elevata pericolosità sismica, «sia dal punto di vista della frequenza di eventi che dei valori di magnitudo» dell’area.
Come si conciliano queste due posizioni? Insomma è rischioso o no costruire il metanodotto Snam?
Marirosa Barbieri 06/07/2011 12.01
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00:12, 06 Luglio 2011
Re: Metanodotto Snam: prima audizione in Parlamento. Rito...
(...) «Il livello di attenzione registrato e alcuni interventi dei parlamentari presenti testimoniano della fondatezza delle motivazioni e dell? impegno addotto da cittadini ed istituzioni nel corso dell?audizione», (...) http://ilcentro.gelocal.it/pescara/cronaca/2011/02/19/news/abruzzo-engineering-una-nuova-bufera-3484161 Intanto ricordiamo che cosa è Abruzzo Engineering. La società nasce il 13 ottobre 2006 da Collabora Engineering, società a capitale misto della Provincia dell'Aquila operante dal 2002 (anch'essa oggetto di attenzione da parte della magistratura). Oggi la proprietà è composta da: 60% Regione Abruzzo, 30% Selex Service Management, 10% Provincia dell'Aquila. Ha circa 200 dipendenti. Qualche settimana fa il presidente della Regione, Gianni Chiodi ha deciso la liquidazione della società. Prima, in consiglio regionale, e in più di una occasione, aveva fatto delle vere e proprie requisitorie contro Abruzzo Engineering, quasi come un Pm. C'è una registrazione che è possibile trovare su internet da cui si può ascoltare questa frase pronunciata da Chiodi non in un bar - dove magari si parla a ruota libera - ma in consiglio regionale: «Vi faccio un esempio di come ha funzionato a volte Abruzzo Engineering. La società crea un prodotto che va ingegnerizzato, una cosa buona, il cui costo, da quanto mi dice la mia esperienza è di solito del 10-15 per cento del costo base del prodotto. Ora è accaduto che un prodotto dal costo base di 2,5 milioni di euro sia stato passato alla Selex la quale lo ha ingegnerizzato e lo ha rivenduto alla Regione a 8 milioni di euro». Forse sarebbe bastata questa frase per mettere in "allarme" gli investigatori. E' possibile che l'attenzione di chi sta indagando si stia concentrando proprio sui debiti di Abruzzo Engineering, circa 20 milioni di euro. Come sono venuti fuori quei debiti? La risposta la politica non l'ha fornita. Ora forse ci sta provando la Procura.
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